In generale i koan dello Zen sono così paradossali che vanno oltre la comprensione di una persona comune. Il maestro Zen può impiegarli per andare in direzione contraria alle aspettative dell'ascoltatore, e spesso sono espressi con parole ed azioni inaspettate che possono sembrare un enigma. Un tipico esempio è il koan chiamato «il bastone di sterco secco di Unmon».
Un monaco chiese con grande serietà ad Unmon: «Che cos'è Buddha?». Unmon rispose: «Un bastone di sterco secco» (Mumonkan, Caso 21).
Nell'antica Cina, si usava un bastone di sterco per raccogliere il letame. La gente pensa di solito a Buddha come a qualcosa di puro, e probabilmente era dello stesso parere il monaco che fece la domanda. Unmon però andò direttamente contro quell'idea e rispose: «Un bastone di sterco secco». Nell'ascoltare, il monaco ammutolì per lo stupore. Ora, perché Unmon diede una risposta del genere? La tradizione dice che ogni risposta di Unmon ha tre funzioni, che sono note come:
1) «la scatola e il coperchio, il cielo e la terra»;
2) «interruzione del flusso delle illusioni»;
3) «le onde che seguono le onde».
La prima di esse significa che a chi chiede con il cielo, Unmon risponde con la terra, e a chi interroga con una scatola, dà la risposta con il coperchio. Ne è un buon esempio la risposta: «Un bastone di sterco secco». Al monaco. che pensa a Buddha come a qualcosa di puro, risponde con uno sporco bastone di sterco. Ma perché Unmon diede una risposta così eccentrica? Il motivo è indicato dalla frase «interruzione del flusso delle illusioni». Con la sua strana risposta, Unmon interruppe subito nel monaco il flusso delle illusioni e cercò di realizzare una completa trasformazione della sua esistenza. Ciò che stupisce maggiormente nelle parole di Unmon, a prima vista così singolari, è tuttavia il fatto che rispondano con precisione alla domanda del monaco. Questo è il senso della frase «le onde che seguono le onde»; come un'onda viene dopo l'altra, così alla domanda segue la risposta appropriata.
Far cessare la vita
I koan Zen spingono il discepolo a compiere una grande conversione, perché muoia alla sua mentalità e al suo sistema abituale di vita e rinasca su un nuovo piano. Per questo, un koan è insieme una spada che uccide e che dà la vita. La stessa cosa si può dire per «il bastone di sterco secco di Unmon». Se si pensa al senso di un bastone di sterco secco e si cerca di scoprire una relazione significativa tra esso e la natura-Buddha, non si risolve il koan. È inutile anche cercare di scoprire nel koan qualche senso nascosto o figurato. Completamente privo di rapporto con ciò che una persona si aspetta normalmente, il koan sta davanti al discepolo come un muro invalicabile. Con esso, si toglie al discepolo il respiro dell'io illusorio e gli si fa cambiare il precedente sistema di vita.
Nello stesso tempo, entra in azione la spada che uccide impugnata dal maestro. Un koan non è qualcosa che si legga e a cui si risponda comodamente da soli. Si riceve un koan dal maestro e poi quando si va da lui nel dokusan, si deve esporre cosa si è capito. Un buon maestro valuta con cura tale esposizione e respinge tutto ciò che non è corretto. Se si è arrivati alla comprensione mediante il ragionamento, si può star sicuri che il maestro non l'accetterà. In certi casi, il discepolo è respinto dal maestro ogni volta che presenta una risposta nel dokusan. Alla fine viene spogliato di tutto e messo alle corde. Tutte le vie di fuga sono tagliate e la situazione si fa disperata. Per uscire da tale situazione, si può solo andare oltre se stessi. Si deve trasformare il precedente sistema di pensare e di vivere, trascendere la situazione dell'io angusto, balzare su un piano superiore.
A prima vista, sembra che le domande e le risposte dei koan siano correlate solo col mondo oggettivo, così da far pensare che Buddha o un bastone di sterco secco non abbiano nessun rapporto con l'individuo. In realtà, si tratta di problemi che riguardano il seguace dello Zen. Sono realmente Buddha?
Il mio io, sporco come un bastone di sterco, è realmente Buddha? Questo è lo scopo del koan. Finché il koan non diventa un problema personale, non si riesce a risolverlo. Nello Zen, si dice spesso che la risposta si trova nella domanda. Quando l'interrogante diventa la domanda stessa, scompare la domanda. Ciò che lo Zen chiama il proprio Volto Originario o la natura-Buddha è infinito e inesplicabile; in altre parole, è la domanda stessa. Perciò, quando l'interrogante diventa totalmente la domanda, si manifesta la natura-Buddha e la domanda si risolve spontaneamente. La stessa situazione si può così descrivere da un altro punto di vista: la natura-Buddha dorme in fondo all'inconscio; ma quando si diventa la domanda stessa, la natura-Buddha si risveglia nei più reconditi recessi della mente e si manifesta nella sua totalità. A quel punto, si comprende chiaramente che il proprio io, che ci sembra un bastone di sterco, in effetti vive la vita di Buddha. Ci si rende conto di trovarsi proprio in mezzo alla realtà della vita di Buddha, comune a tutta la creazione.
Vicino all'inesplicabile
Questa riflessione dimostra come la risposta di Unmon, a prima vista contraddittoria, è estremamente appropriata. Mettendo davanti agli occhi dell'interrogatore un bastone di sterco dall'aspetto sporco, Unmon gli grida con energia: «Guarda bene! La vita-Buddha è viva proprio qui! Quel sacco di sterco che chiami corpo vive grazie alla vita di Buddha! Lo capisci?». Se invece di rispondere direttamente, Unmon avesse spiegato: «Tutti gli esseri conservano l'esistenza grazie alla vita di Buddha; perciò, un bastone di sterco secco possiede la natura-Buddha alla pari del tuo corpo», l'interrogante avrebbe capito razionalmente, ma il concetto non sarebbe mai diventato sapienza da utilizzare praticamente nella vita quotidiana. Quando vediamo una cosa sporca oppure entriamo in contatto con una persona che ha difetti o dei peccati, forse proviamo un sentimento di disgusto che non riusciamo a respingere. Per quanto pensiamo: «Anche quell'individuo possiede la natura-Buddha», oppure: «Tutti gli esseri senzienti sono intrinsecamente Buddha», non siamo capaci di liberarci da quel senso di ripugnanza.
Occorre rendersi conto che quel sudicio io, che ci sembra tanto sporco, accoglie la vita di Buddha come tutte le cose, e che ogni essere è una cosa sola con tale vita-Buddha. Non basta però capire questo concetto intellettualmente, occorre sperimentarlo con il proprio «corpo». Questo tipo di comprensione viene chiamato pensiero non-pensiero, che non si esprime neppure con le spiegazioni più esaurienti. In effetti, quanto più si cerca di spiegare oralmente il pensiero non-pensiero, tanto più l'ascoltatore cercherà di capirlo intellettualmente e tanto meno lo comprenderà. Chi vuol portare qualcuno a questo pensiero non-pensiero e spingerlo a testimoniare direttamente la natura-Buddha, avrà tanto più successo quanto più sarà conciso. Si può dire che la risposta di Unmon era molto appropriata. Si noti che Unmon si richiama a una cosa concreta come un bastone di sterco secco; nello Zen, la verità da capire non è un principio astratto ma il fatto concreto com'è nella realtà.
[Ref. 927; pagg. 134-138]